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Roberto Leydi. L'altra musica

Mon Sep 19 11:46:18 CEST 2016 - di Aurelio Citelli

Un inedito videoritratto sulla figura e l'opera di Roberto Leydi (Ivrea, 1928 - Milano 2003), realizzato attraverso il montaggio di due lunghe interviste raccolte nel 1996 a Orta San Giulio (Novara) e Milano. Con passione, Leydi racconta la sua vicenda professionale e umana: gli esordi nel campo del giornalismo, l'interesse per il jazz e la musica popolare americana, le ricerche sulla musica popolare nel nord Italia, lo "scandalo" di Bella ciao e la rottura con il Nuovo Canzoniere Italiano, la produzione di dischi, film e libri, l'attività dell'Ufficio Cultura del Mondo Popolare della Regione Lombardia, il rapporto con cantori e suonatori popolari, l'insegnamento all'Università di Bologna. Il video, ricco di immagini di Leydi mentre lavora, a casa e in Università, fotografie di repertorio tratte dalla sua raccolta privata, riprese della collezione di strumenti musicali, libri e oggetti vari, (oggi in gran parte trasferiti in Canton Ticino), costituisce una preziosa e unica documentazione sulla vita e l'opera dell'etnomusicologo. Alla ricostruzione della figura di Leydi contribuiscono le testimonianze di Umberto Eco, Moni Ovadia, Bruno Pianta e Ferdinando Scianna.

Il video Roberto Leydi. L'altra musica è stato richiesto da scuole e Istituti universitari in Italia, Svizzera, Francia, Gran Bretagna, Portogallo e Germania. In alcune Facoltà universitarie italiane costituisce materia di studio nel corso di etnomusicologia.


35 min. , 2004

Scheda catalografica

 




Roberto Leydi 
(Ivrea, 1928 - Milano, 2003) iniziò la sua attività dedicandosi alla musica contemporanea e al jazz. Dalla metà degli anni cinquanta concentrò la sua esperienza di ricerca e studio sulla musica popolare e la storia sociale. Nella sua carriera Leydi ha pubblicato numerosi saggi. Tra i più noti, L'altra musica, Giunti-Ricordi 1991, e I canti popolari italiani, Mondadori 1973. Ha, inoltre, promosso importanti iniziative editoriali e discografiche come, ad esempio, la pubblicazione della collana di dischi Albatros ed è stato tra i fondatori dell' Istituto Ernesto De Martino, organizzatore di eventi e spettacoli sulla cultura popolare (vanno ricordati a questo proposito Milanin Milanon, Sentite Buona gente e Bella ciao), che sono stati di impulso - assieme all'attività del Nuovo Canzoniere Italiano, allo sviluppo del folk revival in Italia.

Dal 1973 è stato docente di etnomusicologia al Dams di Bologna da cui ha potuto coordinare numerose campagne di ricerca sulle tradizioni musicali in tutte le regioni italiane.
Roberto Leydi, insieme a Diego Carpitella e Gianni Bosio, svolse una funzione decisiva nella proposizione della ricerca della musica popolare italiana, intesa come documentazione della cultura contadina italiana, all'indomani della prima industrializzazione. Il suo contributo sì inserì in quel vasto filone di storia contemporanea e sociale che tendeva a cercare fonti alternative a quelle ufficiali per la ricognizione storica. Leydi ebbe chiaro che la documentazione della tradizione popolare non poteva però essere limitata al suo carattere di emarginazione, o protesta, o a quello del diretto impegno sociale. Organizzatore instancabile, dotato di una inesauribile curiosità e di un'analoga capacità di andare oltre l'apparenza delle cose per coglierne spesso il lato anche ironico o surreale, Roberto Leydi ha pilotato le sorti della musica popolare italiana legando il suo nome alle ricerche della Regione Lombardia e a un folto gruppo di ricercatori di musica popolare che da lui ricevettero appoggio e spesso indicazioni. Tra i tanti legati al gruppo di Roberto Leydi si ricordano la moglie e cantante Sandra Mantovani, Glauco Sanga, Amerigo Vigliermo, Bruno Pianta, Pietro Sassu, Giorgio Vezzani, Remo Melloni, Stefano Cammelli, Italo Sordi e Febo Guizzi.
Qualche mese prima della sua morte ha donato l'intero archivio privato (circa 700 strumenti musicali, 6.000 dischi, 10.000 libri, 1.400 nastri magnetici) al Centro di Dialettologia e di etnografia di Bellinzona, in Svizzera.
 

L'autore
Aurelio Citelli
(1956), ricercatore, musicista e autore di film, si dedica alla raccolta di musiche di tradizione, memorie in campo etnografico e storia orale con particolare attenzione al patrimonio di cultura immateriale dell’area lombarda e delle Quattro province. Nel 1982, insieme ad altri musicisti milanesi, ha fondato Barabàn, ensemble dedito alla valorizzazione della musica popolare dell’Italia settentrionale con il quale ha tenuto concerti e tourneé in tutta Europa e nel Nord America.
Per Medialogo - dove ha lavorato dal 1982 al 2019 - ha curato la regia dei video A5405. Nedo Fiano, dedicato alla figura del sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz, Ballo d’Aprile. Memorie di un paese alla vigilia della Liberazione e Gaggiano. Arte storia ambiente.
Sui repertori di tradizione orale e il patrimonio storico delle Quattro province ha curato la regia dei video I violinisti di Zavattarello (con G. Grasso, 2000),  Le voci dei pifferai (2004), Oltrepo. Le immagini ritrovate (2007), Mario Brignoli. Vuse ‘pasiunà (2008), Le Cento primavere di Maino (2013), I ragazzi della speranza (2017), La Piva di Rosate (2019).
Con G. Grasso è autore dei saggi a carattere etnografico (La tradizione del piffero della montagna pavese e I rituali sacri e profani dell'Oltrepo pavese (1989), del volume La tradizione violinistica nell'Oltrepo pavese (1993)), e dei CD Canti e musiche popolari dell'Appennino pavese (2000), Eva Tagliani. La voce della mascherate (2000). Con G. Grasso, A. Rovelli e M. Savini è autore del volume + DVD Int u segnu. Guaritori popolari e pratiche magiche nelle Quattro province (2014) e, con G. Grasso, del volume + DVD La Piva natalizia tra Milano e il Ticino (2019).



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