«LE PAROLE FANNO LA DIFFERENZA»

Wed Nov 08 15:43:27 CET 2023 - Presentate le linee guida per un linguaggio inclusivo di genere in città metropolitana

Le parole fanno la differenza». Ma anche una semplice «A» al posto di una «O» servirà a normalizzare l’idea che una bambina possa ambire al ruolo di segretaria generale dell’Onu e non solo di presidentessa della Croce Rossa.

Lunedì 23 ottobre, nella cornice istituzionale della Sala del Consiglio, la Città metropolitana di Milano ha ufficialmente varato il suo vademecum «Linee guida per un linguaggio inclusivo di genere nella pubblica amministrazione». Un libretto che è un passo operativo pionieristico nell’ambito degli enti che amministrano la res pubblica. La consigliera delegata Diana De Marchi, nella sua prefazione in calce, lo ha con gratitudine definito «una pietra miliare». Una stele «tutt’altro che statica e granitica», anzi «aperta alla condivisione più ampia», hanno subito aggiunto Donatella Mostacchi (presidente del Comitato unico di Garanzia per le Pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni di Città metropolitana di Milano) e Giovanna Pensabene (funzionaria dell’Urp oltre che membro dello stesso CUG), che in team hanno sviluppato l’idea proposta dalla Consigliera di Parità Barbara Peres.

Quest’ultima, avviando il proprio mandato istituzionale in Vivaio nel settembre 2022, aveva espresso il proprio disappunto al vedere ancora in uso all’ente una modulistica semanticamente androcentrica, poco inclusiva rispetto a sensibilità diffuse e affermate nelle nuove generazioni. Da lì, con ragionato e certosino lavoro di studio e raffronto linguistico (Treccani docet), si sono distillate le linee guida che i dipendenti di Palazzo Isimbardi sono d’ora in poi impegnati (con una direttiva a firma del Dg Antonio Sebastiano Purcaro) ad applicare alla produzione documentale dell’ente. E la «pietra miliare» pare già lanciata a contaminare altre pubbliche amministrazioni del territorio metropolitano (e non solo). Diversi municipi, e pure l’Inps, hanno già chiesto di poterle mutuare come guida di riferimento. La novità sancita dagli uffici di Città metropolitana ha avuto immediato riscontro nei media: piene di articoli le rassegne stampa post presentazione dell’opuscolo.

«La scelta delle parole è un tassello fondamentale nel ridisegno dei servizi alla cittadinanza - ha dichiarato il vicesindaco Francesco Vassallo – Internamente, perché così si riconoscono le tante professionalità espresse dalle funzionarie; esternamente, quale azione positiva di promozione delle pari opportunità.

Monica Cecchi, capo segreteria del Ministero della Pubblica Amministrazione, in collegamento streaming da Roma, ha portato i saluti del ministro Paolo Zangrillo, sottolineando il tema della promozione delle pari opportunità come «centrale nell’agenda nazionale, ma anche internazionale». «Le parole fanno eccome la differenza. Oggigiorno tutto viaggia a grande velocità, parole nuove diventano presto obsolete. Ma è indubbio che le modalità di espressione contribuiscono a forgiare il pensiero di una società e i suoi comportamenti» ha detto, ricordando che nella Pubblica amministrazione le donne costituiscono il 58% del personale, ma che nelle posizioni apicali sono solo il 33,8%. «La formazione è essenziale: solo accrescendo le competenze, anche su temi come il linguaggio e la violenza di genere, si può migliorare la Pubblica amministrazione». Una partita giocata attraverso il potenziamento del portale Syllabus, mentre i Cug hanno un nuovo portale web punto di raccolta di informazioni sulle iniziative dei singoli comitati a livello locale.

Il segretario generale Antonio Sebastiano Purcaro ha brevemente tracciato il percorso normativo a sostegno delle pari opportunità, ricordando che il tema è nella nostra Costituzione dal 1948. «Allora si pensava però alla donna che si omologa a ruoli maschili, con un linguaggio che è rimasto maschile. Nelle convenzioni internazionali si esprime invece l’esigenza del superamento delle pratiche consuetudinarie, nelle quali permane un retropensiero di ruoli stereotipati. Solo con l’utilizzo di un linguaggio diverso si rende visibile presenza della donna in un complessivo quadro pubblico di valore». Di qui la decisione di varare una «direttiva scritta in maniera semplice per essere compresa e applicata da tutti». Con l’auspico che «la pratica la renderà scontata».

«Abbiamo varato tante nuove regole, ma dobbiamo continuamente vigilare perché vengano applicate; la cultura che ancora ci maltratta e discrimina, le parole sono importanti perché ci raccontano la libertà che vogliamo avere» ha chiosato la consigliera Diana De Marchi. «Con queste parole che fanno la differenza riconosciamo il ruolo che le donne hanno conquistato e che svolgono in modo complementare all’uomo. È così che allarghiamo lo sguardo a tutte le persone e alle loro esigenze. Fondamentale che si ragioni sul fatto che l’idea che hai del presente e del futuro la esprimi con le parole. Per raggiungere ciò che ancora non abbiamo raggiunto».

Un traguardo significativo sarà tagliato quando il ruolo di «consigliera di parità» sarà ricoperto da tanti uomini quante sono oggi le donne. Ad oggi, in tutt’Italia, se ne conta infatti soltanto uno, «una quota azzurra che subisce discriminazione linguistica» ha annotato Barbara Peres, che si è assunta la responsabilità di «aver scatenato l’inferno» proponendo la revisione di tutta la modulistica dell’Rnte. «È un lavoro immane, ne sono consapevole, ma va fatto perché Città metropolitana è ente pubblico e rappresenta tutti i cittadini e le cittadine».

«Oggettivamente oggi, nella Pubblica amministrazione, la pratica linguistica oscura la presenza delle donne - ha convenuto Alberto Di Cataldo, direttore del dipartimento Risorse umane di Città metropolitana. «È ancora necessario ribadire l’importanza di un linguaggio di genere inclusivo. Certo il linguaggio non è l’unico strumento. Ma il lavoro di riscrittura dei nostri atti documentali consente di affinare la nostra sensibilità pensando a chi ci leggerà: i cittadini/e ci osservano e il linguaggio è un biglietto di presentazione».

«Sentirsi appellare “segretaria generale” potrebbe suonare fastidioso anche per una donna? Nel linguaggio parlato si avverte pesantezza a dire “buongiorno a tutti e a tutte?» si è chiesto Federico Ottolenghi, direttore del Settore Politiche del lavoro, welfare metropolitani e promozione delle pari opportunità. «Si può obiettare che ci sono cose più importanti e urgenti, basti guardare ai dati relativi alle assunzioni, alle retribuzioni e agli avanzamenti di carriera che riguardano le donne – ha argomentato nel suo intervento – Ma adottare queste modalità non è mero formalismo, perché il linguaggio informa il pensiero. Certo occorre agire tenendo conto di alcune avvertenze: la lingua ha sua dinamica, non può essere forzata in modo totalitario. Ma consideriamo che viviamo in una realtà già mutata, che spinge all'adattamento linguistico. Vero anche che le persone non possono essere forzate: non possiamo costringere una persona ad adottare tout court modalità che non sente sue. Ma finché “segretaria” vale meno di “segretario” continueremo ad avere un problema. Va dunque intrapreso un comune lavoro di convinzione e costruzione. E noi della Pubblica amministrazione abbiamo il dovere di fare chiarezza in generale nel linguaggio, che anziché chiaro è ancora burocraticamente complicato e ambiguo».

«Il rischio - come ha sottolineato Ester Greco del Coordinamento pari opportunità della Uil, in rappresentanza anche delle altre sigle sindacali - è di involuzione culturale se utilizziamo ancora un linguaggio sbagliato, per non dire tossico, nella Pubblica amministrazione. Certamente risulterà tutto inutile se la nuova direttiva non si tradurrà nel contempo in azioni concrete. Occorre maturare da linguaggi di opportunismo a un linguaggio di opportunità».

Illuminante l’intervento di Alexa Pantanella, fondatrice di «Diversity and Inclusion Speaking» che ha illustrato il «dream gap», la distanza tra noi e i nostri sogni «che inizia a divaricarsi all’età di 5/6 anni ed è dovuto al linguaggio più di quanto non crediamo». Ha buon gioco il maschile sovraesteso al neutro ma anche al femminile. Lo dimostrano studi internazionali nell’ambito delle neuroscienze, con la rilevazione di reazioni a stimoli verbali, «ad esempio a un annuncio di lavoro o un bando di concorso». «Una esposizione continua a forme di maschile sovraesteso nella popolazione femminile abbassa il senso di appartenenza, di motivazione, di successo. Il che influisce sulle scelte che si compiono. L’utilizzo della doppia flessione incrementa invece l'identificazione con l’azienda, determina un benessere e maggiore impegno nel lavoro». E a chi obietta, anche tra le donne, che ci sono cose più importanti per cui battagliare, la dottoressa Pantanella ha ricordato che «le donne sanno gestire più di una cosa per volta: se si occupano di cambiare il linguaggio nel frattempo non smettono di fare altro».

Scarica le linee guida di Città metropolitana di Milano per un linguaggio inclusivo di genere  ico_pdf PDF 3,4 MB



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